Sabato 2 Febbraio in molte piazze italiane “L’Italia che resiste” si è incontrata, qui il breve racconto di Simone Peccerillo sul presidio riminese:
Rimini in piazza per una Italia che resiste.
Molti i manifestanti che nel pomeriggio di sabato 2 febbraio, si sono raccolti in piazza Cavour, per contestare gli articoli contenuti all’interno del neo-approvato Decreto Sicurezza, a lungo promosso dal Ministro degli Interni: Matteo Salvini.
“Chiamiamolo decreto ti-metto-in-difficoltào decreto leva-diritti”, ha detto un manifestante dopo aver preso il microfono, tra i sorrisi ironici della folla.
In particolare, al centro della contestazione, oltre alla generale condotta del governo in materia di immigrazione, vi è l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e l’allungamento dell’iter burocratico per riuscire ad ottenere la cittadinanza italiana da parte degli immigrati.
E così, in piazza, sotto la pioggia, a rispondere all’appello convocato dalle 35 sigle sindacali e realtà associative presenti sul territorio riminese, un variegato connubio arcobaleno; e proprio dai rappresentanti della popolazione immigrata africana, a dispetto di qualsiasi pregiudizio linguistico, sono venuti alcuni degli interventi di maggiore intensità della manifestazione.
“Non chiedeteci perché scappiamo” è intervenuto dicendo un militante di casa Madiba, “scappiamo perché voi siete venuti con le armi, a rubare le nostre risorse; per questo non mi vergogno di essere povero, perché non l’ho scelto io… siete stati voi a sceglierlo per me. Senza l’Africa da sfruttare sarebbe l’Europa a morire di fame”.
Ma a prendere il microfono per portare la loro testimonianza di solidale umanità anche molti riminesi che, attivi in prima linea, aprono le loro case per accogliere questi ragazzi, che spesso dopo gli sbarchi vivono situazioni di estrema difficoltà e organizzano collette di beni e denaro per poterli aiutare a sostenere il tenore di vita italiano.
E come una signora riminese fa notare:
“Affinché si possano integrare, è giusto che anche loro si sentano uguali a tutti gli altri cittadini e beh, se vedete un uomo extracomunitario che indossa un paio di Nike ai piedi, non dovreste fare commenti o elargire giudizi, perché non sapete quale storia ci sia dietro a quel paio di scarpe; anzi io penso che dopo tutto il viaggio che hanno fatto, un paio di scarpe proprio se lo meritino”.
A concludere la manifestazione, che era iniziata con una catena umana di persone che si tenevano la mano, formatasi per circondare il municipio: minuti di naturale silenzio, in cui ognuno meditava sul profondo valore umano delle parole sentite durante il corso di tutto l’evento, poi, lentamente, lo sciogliersi della piazza.
E così tutti sono tornati alle proprie faccende e alle proprie case, ciascuno con il suo ombrello, ciascuno con la sua storia, e tutti con una maggiore consapevolezza.
Simone Peccerillo
(Volontario in Servizio Civile Nazionale – Associazione Arcobaleno)